Rosario Vesco

Giovanni Cappuzzo

Paul Jackson Pollock nel lontano 1953, due mesi prima della morte, nel corso di una intervista concessa a Selden Rodman affermava: “Dipingere è un modo di essere e di sentire”: concetto poi ripreso dal teorico dell’Action painting, Rosemberg. La tela non è più dunque il supporto di una pittura, bensì un evento, il luogo dove si confondono differenti momenti di quella complessa fenomenologia che sta alla base del meccanismo infinito di scelte necessarie che è l’arte. Un tale presupposto giustifica il diretto rapporto che intercorre tra l’arte e le complesse motivazioni legate alla radice dell’io, per cui l’arte diventa lo specchio fedele delle esperienze sensitive dell’uomo e della sua sensibile vena espressiva e della sua vita. Pensavo a tali concetti, osservando le opere di Rosario Vesco, un mondo di visioni affidato al ritmo di una cromia che opera all’interno di un equilibrio compositivo legato al fascino della natura. Infatti lo spazio in cui si muove e si articola la sua pittura è quello figurativo. Sì, è la natura nella varietà delle sue esplicitazioni figurative, ma si badi bene, una natura che non riveste nascoste problematiche d’ordine etico e sociale, ma che piuttosto riunisce a se gli aspetti concreti delle cose visibili della sua terra ad avvertirne sensazioni ed emozioni. Il modi, in altre parole di intendere e di volere la realtà: ogni pagina di questo generoso racconto della memoria diventa così immagine, quasi cronaca o poesia, definizione in ultima analisi di un improvviso stato d’animo.
Settembre 1997
Cefalù - Personale al Palazzo Osterio Magno - Ia parte
Vi è una forma di coerenza nel repertorio figurativo di Vesco che supera l’incontro di pericoli di una elaborazione meramente esornativa, rafforzando anzi, in virtù di una sua tavolozza, di questo colore sostenuto dal precisi colpi di pennello, i ritmi principali che peraltro la fervida fantasia concorre a collocare in una dimensione mobile. E la caratteristica della tecnica pittorica di Vesco è il carattere “solare” dei suoi colori dal tono denso e vibrante, dai “turgidi riflessi” che vengono a saldarsi ad un mondo di visioni che la fantasia dell’artista legge nella stimolante linea di una memoria. Sì, perché Vesco da tanti anni operante per i suoi impegni professionali al Nord cerca quasi il recupero di un mondo lirico che appartiene al suo passato siculo. Quindi è la poesia della realtà, d’una realtà fatta di cose magari semplici o dolci o preziose, ma non dimenticate, il movente primo di una ispirazione di Vesco. L’arte è sempre uno strumento biografico di ogni artista, che consegna al colore e alla linea il tracciato autentico di una sorta di confessione attraverso un processo di tecnica che sembra ricollegarsi storicamente all’impressionismo, ma con una felice apertura ideativa e fantastica, quasi a volere riscoprire il senso di una realtà, che ci appartiene perché legata al tono mediterraneo ed insulare della nostra dimensione esistenziale.
Settembre 1997
Cefalù - Palazzo Osterio Magno - IIa parte
Molti critici del Nord hanno sottolineato proprio tali caratteristiche della pittura di Vesco che con i suoi temi trasporta nel più ampio panorama coloristico che la terra del Sud possa darci. E’ stato sottolineato da diversi studiosi d’arte il tono caldo ed intenso della pittura di Vesco, quella sua “solare” visione. Allora possiamo affermare che Vesco. pittore della natura generosa si dedica alla rappresentazione della natura nella varietà dei suoi elementi con accenti di sincera partecipazione e con gusto saporoso e vivido. Dalla forza d’istinto nasce per lui l’esigenza di questo colore caldo e mediterraneo, brillante e fresco che non conosce mezzi toni né tentennamenti, diretto piuttosto a creare atmosfere tipicamente nostre attraverso stesure che rispondono a sollecitazioni interiori. La sua è perciò una visione diretta che l’artista sa accordare ad un particolare ordine di strutture visive, grazie e questo buon impianto formale in cui i legami oggettivi si fondono con le cose, trasfigurando nel riscatto dell’emozione, gli aspetti più sollecitanti della realtà. Si ha la sensazione che Vesco cerchi nella natura qualcosa forse di mitico legato alla sua memoria. Il rapporto tra il mondo reale e il mondo fantastico allora è un rapporto osmotico, un mondo forse di forze esaltanti e pieno di un loro immanente fascino. Proprio così, un mondo di emozioni e di sensazioni, come l’artista ha voluto intitolare la sua rassegna pittorica.
Settembre 1997
Cefalù - Palazzo Osterio Magno - IIIa parte
Più di un critico nell’interessarsi dell’arte di Rosario Vesco ha tenuto a sottolineare che una delle caratteristiche di fondo della sua tecnica pittorica è la “solarità” dei colori che hanno un loro tono squillante e denso, una loro vitalità espressiva nelle campiture ariose e vive che rendono la dimensione evocativa del reale, immagine ricca di una sua suggestione. Sappiamo che l’arte è la biografia di un artista, è il momento della sua confessione, quello in cui egli è più vero ed autentico, perché nell’atto misterioso della creazione artistica egli ha dovuto necessariamente spogliarsi del ciarpame retorico dei gesti triti e ritriti della quotidianità, ha dovuto dismettere l’abito delle convenzioni sociali, per attuare, in un graduale processo di scavo interiore, la magica fase della creazione. L’artista in quei momenti rimane solo con se stesso, verifica le sue capacità espressive, approfondisce problemi di tecnica e di linguaggio, alla ricerca di una adesione sempre più pertinente e diretta, costante e riflessa tra margini interiori e visualizzazioni ottico-formali esteriori. Impressionista per istinto e per decreto della natura, egli ha affinato nel corso degli anni la sua tecnica per cui, formatosi alla scuola di concretezza della tradizione figurativa, egli via via è andato temperando il suo scatto impressionistico per giungere a realizzare una forma compositiva salda e corposa. Perciò la natura che sappiamo avere da sempre esercitato un suo fascino sugli spiriti più sensibili, viene da Vesco ricreata e reinventata con una disposizione di carattere innovativo.
Marzo 1997
Palermo – Mostra presso la Galleria “Il Cenacolo” - Ia parte
Il colore che virtualmente può talvolta apparire un po’ barocco, spesso carico di pastosità, denso, ha una sua capacità per cui crea un fluire vario e mosso di toni, ora caldi ora brucianti, ora serrati. Al colore fa da contrappunto la luce frammentata da suggestivi riflessi. Il tutto produce come effetto una impaginazione vibrante tra condensazione delle immagini e intima meditazione poetica. Il suo linguaggio pittorico perciò è per un recupero di un mondo lirico, scoperto ed evocato, di volta in volta, con disinvolta bravura, come se l’autore avesse voglia di descrivere e narrare immagini evocative della sua memoria, come per un richiamo ancestrale che viene da una atmosfera della sua terra di origine: la Sicilia, con la varietà dei suoi fantastici richiami e delle sue seducenti modulazioni, nell’incomparabile scenografia di origine mediterranea. Nelle sue opere è possibile leggere, prima di ogni altra cosa, il risultato di una meditativa contemplazione naturalistica, da cui scaturisce la soggettiva visione dell’artista che sembra voler cogliere la poetica verità delle cose. Vi si scorge l’acuto, ineffabile sguardo della bellezza per cui l’impianto strutturale e la gamma cromatica trovano una ragione di essere nell’intima soggettività dell’artista, ma gli servono anche come pretesto per fare valere la sua sensibile testimonianza, per fare vibrare con un acuto lirico i contenuti oggettivi delle cose, in una felice trasposizione. Quindi non v’è dubbio che nella personalità artistica di Rosario Vesco si rispecchi la sua indole lirica, sempre pronta a cogliere la risonanza interiore della realtà, nella scala dei valori e di gradazione cromatica su cui la luce opera in senso costruttivo.
Marzo 1997
Palermo – Mostra presso la Galleria “Il Cenacolo” - II parte